Melzo,
7 - 15 Novembre 2009
Yervant der Mossighian, in arte Vanadur, è
nato in Asia Minore nel secondo decennio del XX secolo, pochi anni prima
della grande persecuzione del popolo armeno. la sua famiglia fu
deportata ed egli approdò infine in Italia, a Venezia, ove studiò al
collegio armeno. Conseguita la laurea in medicina, esercitò a Porto Ceresio e Milano, quindi visse in riviera, ritirandosi poi
a Varese. Ha
sempre coltivato la passione per la pittura, pur esponendo raramente per
la sua natura riservata. La mia passione per la pittura inizia a 18
anni. Dipingere dal vero è stata la mia scuola. Osservare con amore
delle opere dei pittori è un grande aiuto per migliorare la qualità
delle proprie opere. La curiosità verso il lavoro dei grandi della
pittura, sia antica che moderna, è indispensabile per raffinare sempre
di più l’espressività del proprio lavoro. Lo studio diligente del colore
è molto importante in quanto è l’elemento primario che viene percepito
al primo sguardo. Questo è quanto ho cercato di fare nell’arco di
settanta anni. Non si nasce artisti, lo si diventa con lavoro, tenacia e
grande amore per l’Arte.
Critica di Dario Lodi
Vanadur ha attraversato il secolo scorso,
assorbendo artisticamente le varie tensioni europee e specialmente
quelle provenienti dalla rivoluzionaria Parigi degli anni Trenta. Figlio
del Medio oriente, nato nella culla della sapienza biblica, Vanadur, con
l’esperienza parigina, ha arricchito la sua immaginazione, approfondito
lo slancio speculativo, resa intensa, articolata, variegata la sua
tavolozza. la pastosità del colore, la cromaticità volta a contrasti
pacati, discreti e insieme decisi, felicemente persi in costruzioni
sentimentali piene di pudori e di azzardi espressivi allo stesso tempo,
sono elementi che caratterizzano l’avventura artistica del pittore
armeno, istintivamente attratto da un desiderio di significazione
diretta, essenziale, immediata, incisiva. L’arte di Vanadur risente di
esperimenti cezanniani e di furori vangoghiani (non poche le sue tele
raffiguranti omaggi a Cezanne, Van gogh, ma pure a Gauguin, per arrivare
all’amato Picasso dei primi tempi): una mescidazione postimpressionista
ed espressionista insieme risolta con rapidi tocchi e con generose
stesure di colore grazie alle quali tutto il mondo interiore del nostro
artista si compone e si rivela con appassionata sincerità, con
trepidazione esistenziale, con serietà d’indagine nei confronti
dell’immagine, quasi una scoperta nella sua mente e nelle sue mani.
L’immagine, assume, in Vanadur, una propria dignità e una propria
autonomia, con valori poetici nei paesaggi e nelle nature morte, con
forti suggestioni psicologiche nelle figure, in special modo negli
autoritratti, dove la personalità è delineata con sicurezza. Vanadur
dipinge gli stati d’animo con robustezza intellettuale, grazie alla
quale trattiene un istante per sempre, cancella la fugacità,
l’insensatezza del poi, promuove il significato profondo e atemporale
dell’espressione interiore. il fenomeno si materializza, con singolare
vivacità, in certi sguardi dei suoi personaggi, sguardi nei quali brilla
la coscienza di essere nella ricerca serena dell’essere. |